Capodanno a Uman


Via Pushkin si trova a cinque minuti, ma a duemila chilometri dal centro di Uman. Partendo dalla piazza principale, costruita nel più puro stile sovietico – dove, al contrario della maggior parte delle città ucraine, ancora si erge la statua di Lenin – e costeggiando i capolavori in muratura dell’architettura russa lungo la Sadovaya, presto ci si sorprende di come le iscrizioni in russo vengano sempre più mischiate con quelle in ebraico. E una volta arrivati alla fine di via Pushkin, i caratteri ebraici hanno ormai completamente sostituito quelli cirillici. Si è arrivati a Gerusalemme.

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Alla fine della via, che si allarga scendendo ripidamente verso l’autostrada per Odessa, in mezzo a isolati di prefabbricati con scritte in ebraico, ci sono chioschi di pizza kosher, librerie ebraiche, venditori di cappelli di pelliccia, centri per i pellegrini, e hassidim vestiti di bianco e con cappelli di pelliccia che vanno su e giù in gruppi numerosi, accompagnati dai loro incantevoli bambini dai lunghi cernecchi. Donne in scialli neri che cinguettano tutte insieme come storni, gruppi di pellegrini determinati, provenienti da Israele o da Mosca, i primi con abiti tradizionali, i secondi vestiti in modo molto alternativo, giovani hassidim con libri o chitarre sottobraccio che vanno alla casa della comunità, studenti della yeshiva in lunghi cappotti neri, cappelli tondi e occhiali spessi che entrano ed escono dall’edificio della scuola, al cui centro si trova, coperta da velluto nero ricamato d’oro, la tomba di Rabbi Nachman di Breslov.


Rabbi Nachman (1772-1810), pronipote del Baal Shem Tov, nacque a Medzhibozh, in Podolia, dove la tomba del suo bisnonno è ancora venerata. Da lì si trasferì dapprima alla vicina Bratslav (Breslov in yiddish) come rabbino e poi, dopo l’incendio del quartiere ebraico, a Uman, dove lui stesso indicò il luogo della propria sepoltura nel cimitero delle ventimila vittime ebraiche della rivolta di Khmelnytsky del 1648. Come fondatore del ramo bresloviano dell’hassidismo, sottolineò l’importanza di una semplice e gioiosa relazione con Dio attraverso la danza e il canto. Insegnò l’importanza dell’ hitbodedut, dell’isolarsi almeno un’ora ogni giorno nella foresta o nei campi, di rivolgersi a Dio nella propria madrelingua e con un linguaggio informale, di confidarsi con Dio considerandolo “il proprio migliore amico” e che, in luogo delle dinastie ereditarie del movimento hassidico, ogni hassid dovrebbe cercare lo tsaddik migliore per lui. Infatti, egli non nominò il suo successore. I suoi seguaci ancor oggi vanno in pellegrinaggio alla sua tomba da tutta la Russia, da Israele e dall’America.


Mi guardo intorno con incertezza nell’ampia sala comunitaria. Un basso, tozzo ma energico hassid si affretta ad aiutarmi. “Sei di Budapest? Sai leggere il russo? Bene, allora ti darò un Tikkun HaKlali.”. La preghiera purificante venne composta dallo stesso Rabbi Nachman con i versi di dieci salmi. L’hassid mi porta nella scuola, dove una cinquantina di giovani hassidim studiano il Talmud senza prestare attenzione a noi, e dopo aver rovistato un po’ sullo scaffale vicino alla tomba di Rabbi Nachman, ne trae fuori un foglio stampato in ebraico e in russo. “Non puoi immaginare quanto sia efficace. Prima di venire qui ho avuto due infarti, ma da quando prego qui alla tomba del Rabbi, nuoto nell’abbondanza”. Gli prometto che lo studierò.


Un’importante interruzione nel secolare pellegrinaggio a Uman si verificò quando, dopo la guerra tra Unione Sovietica e Polonia, la città diventò zona di confine dell’URSS, una città chiusa, dove agli stranieri era proibito l’accesso e i residenti non potevano riunirsi in gruppi numerosi. Tuttavia, gli hassidim continuarono a venire in segreto, nonostante il rischio di venire deportati o essere fucilati sul posto. Comunque, dagli anni ’90 il pellegrinaggio è di nuovo permesso. Da allora una forte comunità hassidica di diverse migliaia di membri si è stabilita permanentemente intorno alla tomba di Rabbi Nachman, e un numero sempre maggiore di pellegrini torna dall’estero a ogni Nuovo Anno, alla festa di Rosh Hashanah, indicata dallo stesso Rabbi Nachman come la festa più grande degli hassidim di Breslov. L’anno scorso c’erano ventiseimila persone, oltre ai residenti, e il numero di quelli arrivati ieri si saprà solo nei prossimi giorni. Nel frattempo, ecco un reportage fotografico di Oleg Stelmakh di Kiev sulla festa di Rosh Hashanah dei pellegrini hassidici a Uman.


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